giovedì 5 novembre 2009

Tre facce di una stessa medaglia



Tre facce di una stessa medaglia

di Andrea Luzzi Franzoni.


I fatti di cronaca ai quali abbiamo assistito in questi giorni, aggressioni a sfondo discriminatorio nei confronti di comuni cittadini, sembrano fotocopie uno dell'altro ad una prima analisi superficiale, ma hanno ognuno di essi delle peculiarità, che li classificano in maniera diversa.
Un'aggressione ad un ragazzo di 30 anni da parte di tre balordi annoiati, un regolamento di conti fra ragazzi ed un gruppo di extracomunitari aggrediti da una squadriglia di giovanotti in vena di “pulizie di quartiere”.
A me non sembra che si parli della stessa cosa.
Nell'aggressione di Ostia ci sono saluti fascisti, ma sembrano più gesti senza senso da parte di persone che, senz'altro gravitano intorno a gruppi di estrema destra, ma che probabilmente con le attività di sezione hanno poco a che vedere. Tre persone annoiate, vuote, deluse da una società che non gli dà nulla. In questo terreno la lotta alla diversità è un modo per affermare se stessi. I vuoti se tali rimangono si riempiono di terra arida e cattiveria, generando mostri.
Nel secondo episodio un regolamento di conti fra ragazzi fa gridare al razzismo, per la pronuncia di una frase “Bastardo Polacco”, frase che gioca sulle origini di uno dei contendenti.
Qui è l'ignoranza a farla da padrone, non la noia, non il razzismo. E' semplice mancanza di vocaboli. I toscani insegnano un turpiloquio molto più interessante..
L'episodio che più mi fa pensare è quello di Acilia, dove 3 o 4 amici bengalesi sono stati affrontati da un gruppo di ragazzi residenti, in grande maggioranza numerica.
Mi fa pensare perché quando 8-12-20 persone, magari minorenni e maggiorenni insieme, formano un branco per andare ad affrontare 4 extracomunitari, od omosessuali, o avversari politici, significa che c'è organizzazione, che c'è un malessere diffuso, che esiste una mancanza di sicurezza percepita che diventa a sua volta mancanza di sicurezza per qualcun altro.
E' importante fare delle distinzioni sui perché delle cose, giacché forse qualcuno non se ne sarà dimenticato, ma esiste lo “spirito di emulazione del fratello grande”.
Chiedo a tutti una cosa: i sassi dal cavalcavia non si tirano più? Come mai appena il tam-tam mediatico sulla cosa ha smesso di suonare, il fenomeno è sparito?
Gli organi di informazione hanno grandi e gravi responsabilità a volte nel perseverare, alla continua ricerca del pane (sacrosanto) quotidiano, a cavalcare filoni per giorni e giorni, arrivando a volte all'effetto opposto rispetto quello che si vorrebbe ottenere. Invece di “formare le persone” si istigano alla replica.
Lo spirito di emulazione, la voglia di protagonismo, la voglia di cambiare le cose, la noia, tutte cose che ad una certa età ci devono stare pure, per effetto di una decadenza educativa e formativa in essere da anni, ha generato delle persone dalle caratteristiche inquietanti.
La società deve riuscire, con un grande sforzo, a ribaltare la situazione, ad isolare certi comportamenti onde evitare che la situazione possa degenerare più dello stato attuale delle cose.
Ma la società siamo NOI.


Allora?
Che si fa?


Giovedì, 5 novembre 2009

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